Il 26 ottobre 1978 si tenne all'albergo Unione di Bellinzona un seminario dedicato ai problemi dei musei locali promosso dalla commissione nazionale svizzera per l'Unesco. Durante l'incontro, i responsabili dei musei espressero le loro perplessità all'allora direttore del Dipartimento dell'ambiente, Fulvio Caccia: i musei regionali "sono sorti tutti per buona volontà di singoli appassionati o di associazioni di entusiasti, proprio in alternativa a quanto lo Stato, malgrado le solenni promesse e le decisioni granconsigliari del 1953, anno del centocinquantesimo, non ha mai fatto".
Ai problemi organizzativi e amministrativi, si assommano quelli funzionali, relativi a sedi poco adatte alle attività museali: "Succede così di ritrovare dappertutto una vecchia cucina, completa di tutti i suoi cimeli, una camera da letto ecc. Tutti i nostri musei regionali finiscono per rassomigliarsi ma, cosa più grave, lasciano nell'ombra ed esposti alla minaccia di scomparire una quantità di aspetti che invece dovrebbero essere assolutamente salvati e valorizzati".
La soluzione, proposta nell'intervento di Augusto Gaggioni, è "una diversa organizzazione dei musei, delle specializzazioni 'tematiche' appunto. Un vastissimo lavoro che non può farsi se i musei non escono dal loro attuale isolamento, se non lavorano, se non programmano insieme" (Corriere del Ticino, 27.10.1978).
Il seminario dedicato ai musei regionali portò l’attenzione su un tema fino ad allora poco considerato dall’Amministrazione Cantonale. Questa iniziativa favorì la creazione nel 1979 dell’Ufficio cantonale dei musei collocato all’interno del Dipartimento dell’ambiente.
Pochi mesi dopo, il 16 dicembre 1979 si tenne a Mendrisio l'assemblea costitutiva dell'Associazione musei etnografici ticinesi (AMET), organizzazione che ha lo scopo di raccogliere e conservare le testimonianze etniche e storiche regionali, promuovere una maggiore collaborazione tra i musei, valorizzarne il lavoro e facilitare la messa in rete verso l'esterno. L'associazione si è affiancata da subito al neocostituito Ufficio cantonale dei musei, che elaborò una politica museografica fondata sul principio del decentramento delle collezioni e dell’accentramento dei servizi.
Durante la prima assemblea dell'AMET il capo del Dipartimento sottolineò che "Dopo il 1953, anno nel quale venne decisa la creazione di tre musei cantonali (delle arti, archeologico, e etnografico) lo Stato ha avviato solo la realizzazione del primo, per il quale è stata stanziata una notevole cifra. Il museo etnografico cantonale, invece, è stato solo abbozzato , nei primi anni, poi non lo si è più portato avanti. Questa manchevolezza da parte dello Stato è stata, in un certo senso, un bene. Poiché se questa struttura fosse stata realizzata avremmo avuto un museo centralizzato. Invece, permettendo e aiutando, nel limite possibile, il sorgere di questi musei, le testimonianze restano nella propria regione e la arricchiscono" (Corriere del Ticino, 15.06.1981).
Gli undici istituti museali che sono confluiti in questa rete rappresentano una realtà notevole all’interno del panorama culturale ticinese, con una cifra d’affari che supera complessivamente i due milioni di franchi all’anno.
Dopo un periodo di inattività, a inizio 2017 i musei regionali hanno deciso di riattivare l’associazione in modo da migliorare il coordinamento orizzontale tra le sedi, fornendo anche un punto di contatto privilegiato a musei e altre istituzioni ticinesi, confederate e italiane.